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Santuario Nuragico “Santa Vittoria” di Serri

Santuario nuragico Santa Vittoria di Serri

Societa’ Cooperativa l’Acropoli Nuragica
Il Santuario Nuragico Federale di Santa Vittoria, immerso in un habitat di notevole interesse naturalistico,
domina dalla Giara di Serri il territorio circostante, dal quale è possibile volgere lo sguardo ai variegati paesaggi del Sarcidano, Trexenta, Marmilla.
Il complesso archeologico, a circa 670 metri sul livello del mare, si estende sul versante meridionale dell’altopiano basaltico.
L’area è stata frequentata fin dalle prime fasi della Civiltà Nuragica nel 1500 a.C. Dalla tarda età del Bronzo alla prima età del Ferro (1100-900/800 a. C.),
questo luogo si è trasformato in una delle più interessanti espressioni della religiosità nuragica: è possibile che le divinità del pantheon nuragico,
adorate nei diversi templi del santuario, fungessero da garanti per gli scambi commerciali, culturali, ideologici tra le genti dell’Isola e non solo.
La sacralità del luogo perdura anche in età cristiana, con l’edificazione della chiesetta di probabile impianto bizantino, dedicata a S. Vittoria o a S. Maria della Vittoria:
la Santa che dà il nome al sito è venerata ogni 11 settembre con messe, pellegrinaggi, feste.
Nel vasto complesso archeologico è possibile osservare l’evolversi della Civiltà Nuragica. Al Bronzo Medio (1600-1300 a.C.) si attribuisce il nuraghe a corridoio.
Nel Bronzo Recente (1300-1100 a.C.) è stato costruito il nuraghe “classico” a tholos che ha inglobato il preesistente protonuraghe.
Nel periodo compreso tra il Bronzo Finale e la prima età del Ferro (1100- 900/800 a.C.) si edificano:

  • il “Pozzo Sacro”, dedicato al culto delle acque, costruito con blocchi perfettamente squadrati;
  • la “Via Sacra” che collega i diversi edifici cultuali;
  • il grande “Recinto delle Feste”- centro socio-commerciale del santuario –
    dove tutt’attorno si dispongono i porticati, la cucina collettiva, i nove vani destinati al mercato, le sale-capanne di rappresentanza, la capanna dei “Fonditori”,
    la “Capanna dell’Ascia Bipenne”;
  • il “Tempio Ipetrale” che conserva due altari muniti al centro di scolo per il deflusso dei liquidi;
  • la rotonda con sedile interno anulare, modanato, e al centro una base d’altare (il “Recinto Circolare con Sedile”);
  • i templi in antis (le capanne del “Capo” e del “Sacerdote”);
  • l’ampia sala delle assemblee (la”Curia”) sede decisionale degli oligarchi;
  • le abitazioni come gli isolati di capanne a corte centrale (la “Capanna del Doppio Betilo”),
  • la capanna a settori con rotonda (l’improbabile “Recinto dei Supplizi”) etc.

Sin dalle prime indagini archeologiche, iniziate nel 1907, dirette da Antonio Taramelli, sono stati scoperti reperti di considerevole interesse, offerti alle divinità protosarde, impiegati per i riti officiati nelle aree cultuali:
vari modellini stilizzati di nuraghi-altari scolpiti sul calcare; lastre votive in calcare atte ad accogliere i bronzetti (o spade) destinati all’esposizione;
protomi taurine in calcare; diversi frammenti bronzei di armi votive, navicelle-lucerne, aghi crinali, bracciali, anelli;
asce a doppia lama che potrebbero trovare confronti con culti egei ( “Capanna dell’Ascia Bipenne”);
manufatti ceramici come brocche askoidi, scodelle, ciotole etc.
Durante gli scavi sono stati riportati alla luce numerosissimi bronzetti (ex-voto) che attestano l’eccezionale maestria degli artigiani nuragici nel riprodurre in miniatura:
figure antropomorfe spesso interpretate come capi-tribù, sacerdotesse, donne assise con in grembo personaggi maschili, arcieri, offerenti;
figure zoomorfe come tori, arieti, maiali, cani, cervi, cinghiali, volpi, colombe; mezzi da trasporto come un carretto a due ruote;
oggetti utilizzati nella vita quotidiana quali ceste, pelli, recipienti vari. I diversi bronzetti sopra citati,
spesso disposti su lastre atte all’esposizione, potevano narrare delle storie, oggi difficilmente ricostruibili: riconducibili alla sfera religiosa, mitologica o degli antenati divinizzati. I vari oggetti di prestigio rinvenuti, appartenenti al mondo etrusco, fenicio, cipriota, attestano gli scambi che i nuragici del IX-VII sec. a.C., dovettero intessere con le genti esterne all’Isola: una fibula ad arco di violino foliato in bronzo, un disco a doppia lamina d’argento, collane composte da vaghi d’ambra e in pasta vitrea, un torciere a fusto cilindrico decorato da corolle floreali etc. Nel sito sono attestate anche fasi di riutilizzo nei successivi periodi: punico, romano, medievale. Serri, porta delle Barbagie, ha rappresentato sin dall’età nuragica, con la realizzazione del santuario, un crocevia di scambi culturali, ideologici e commerciali. In età romana presso la località serrese Sa Cungiadura Manna, è stata edificata la statio di Biora, inserita nel percorso viario interno dell’Isola che da Olbia arrivava a Cagliari: “la via ab Ulbia Calaris per mediterranea”. In età moderna Serri è ancora custode di memorie e culture, mantenendo la sua funzione, ormai millenaria di luogo destinato ad adunare le genti: la festa e la fiera di Santa Lucia vantano antiche origini. Oggi il santuario nuragico di Santa Vittoria attrae a sé studiosi, ricercatori, appassionati, giovani, da tutto il mondo per immergersi tra le millenarie vestigia della Civiltà Nuragica.

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Sala Incani

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Dove la mente è impavida e il capo eretto,
Dove libero è il sapere ed il mondo non è ridotto in briciole da ristrette domestiche mura;
Dove le parole sgorgano dalle profondità del vero;
Dove indefessa lotta tende le braccia verso la perfezione;
Dove il chiaro fluir della ragione non s'è perduto fra desertiche sabbie delle morte abitudini;
Dove la mente è da te sospinta verso sempre più vasti atti e pensieri;
In quel cielo di libertà, o mio padre, fa che il mio paese si risvegli!
(Rabindranath Tagore)